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Da
Keynes a Junker Renzi più confuso che persuaso È
vero che John Maynard Keynes consigliava Roosevelt di non tagliare la spesa
in tempi di recessione ma rispetto ai primi anni del
‘900, l’economia mondiale è piuttosto cambiata. E a volte non ci si accorge
che fra Europa ed America ci sono differenze notevoli che non consentono una
piena applicazione della teoria, per quanto illustri possano esserne gli
estensori. In una fase economica come la nostra, il governo italiano ha
sicuramente ragione nel voler perseguire una forte
detassazione del mondo produttivo, anche se, magari, si potrebbe discutere
con il ministro Padoan quanto effettivamente la riduzione delle imposte sulla
casa possano essere considerati tali. Mentre a proposito di Keynes, ci sono i
suoi discepoli, tipo Paul Krugman, che comunque stanno attenti a mantenere
una corrispondenza fra calo delle imposte e tagli alla spesa. Infatti il governo Renzi non solo ha detto che intende
abbassare le tasse, ma aveva anche promesso un processo di revisione della
spesa, dieci miliardi di risparmi, mettendo nel mirino gli sprechi di Comuni
e Regioni. Ora che la legge di Stabilità per il 2016 è pronta ci sembra che
almeno questo secondo proposito sia sfumato. La spesa sanitaria salirà di un
miliardo. La riduzione dei costi per beni e servizi, inizialmente stimata in
3,5 miliardi, sarà pari alla metà. Del progetto di chiudere da subito un
migliaio di partecipate non si sa più niente. Che fosse
stato cacciato Cottarelli dalla sua botola scavata a Palazzo Chigi si
sapeva da tempo, il fatto è che è sparito anche Yoram Gutgled. Ricordate il
mirabolante piano di riduzione degli enti e delle spese dei ministeri?
L’avranno spedito in Israele. C’è stata anche una grande riforma della Rai
annunciata che meriterebbe un discorso a parte. In ogni caso anche lì, i
costi della riforma saranno ammortizzati da benefici nei prossimi vent’anni,
che significa che al momento si aumentano ancora le spese. C’è poco da fare,
cambi la testa quanto ti pare, metti quella di Renzi al posto di quella
Letta, il corpaccione dell’amministrazione pubblica italiano resta sempre
uguale o quasi. Le burocrazie hanno la meglio, le resistenze corporative,
pure peggio. Scordiamoci una qualche soluzione razionale, in Italia è il caso
che fa la regola. Se si vogliono far tornare i conti alla fine stiamo lì a
sperare nei condoni, nelle cartolarizzazione, nel rincaro delle sigarette, o nelle sanatoria sui capitali all’estero. Tanto vale ormai
rimettersi direttamente nell’indulgenza della Commissione Juncker. Se persino
i tedeschi ciurlano nel manico con le Volkswagen,
mica pretenderete proprio che l’Italia sia perfetta? Giusto e il governo in
fondo ci chiede solo un po’ di tempo. Prendiamo la riforma Madia della
Pubblica amministrazione vedrete che con pazienza persino quella roba darà
dei frutti. E pure basterebbe una norma di poche righe per tagliare dall’oggi
al domani ventimila poltrone superflue. Voi direte che siamo dei giacobini
imprudenti, che un processo serio e completo di trasformazione del paese. richiede almeno un medio periodo. E così siamo tornati a
Keines, al “medio periodo”, quello nel quale, invece che qualcuno, saremo tutti morti. Roma, 2 ottobre 2015 |
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